giovedì 22 marzo 2018

LA SCIENZA DEL PANE: FARINE INTEGRALI O FARINE RAFFINATE?

Dott. Sergio Saia
Grazie al Dott. Sergio Saia, che lavora al Council for Agricultural Research and Economics (CREA) – Research Centre for Cereal and Industrial Crops (CREA-CI), continuiamo a scoprire la scienza del pane. Dopo la prima puntata, sul sapore del pane e la seconda, sulle proteine e sulla macinazione, prendiamo in considerazione le farine: è meglio usare quelle integrali o quelle raffinate?

Ma quindi è più buono il pane fatto con farine integrali o con farine raffinate?

Difficile da dire realmente e non perché non ci siano prove a riguardo. Attualmente è chiaro che il pane con farine raffinate venga gradito di più di quello integrale e questo è confermato sia da prove sperimentali, sia da prove con utenti comuni e sia, permettimi, anche dai volumi di vendita di ciascuna di queste due categorie. Su quest’ultimo aspetto mi riservo di poter dire di più in seguito, se non altro perché la società attuale ci “educa” ad un certo tipo di alimenti, ma nel caso del pane da farine integrali o meno, non c’è un grande effetto dell’industria o della G.D.O. come invece succede per altri prodotti freschi (es. le banane, di cui disconosciamo o quasi il vero sapore).

Certo è che il pane integrale ha profumi e sapori che quello di farine raffinate non ha, ma questi non sono opportunamente migliori. Inoltre, un pane integrale di una varietà moderna somiglia moltissimo a uno integrale di una varietà antica per molti aspetti. E lo stesso succede quando le farine sono raffinate. Purtroppo, spesso, viene fatto passare il messaggio che un pane integrale di grani antichi sia migliore di uno da farina raffinata da grani moderni per via del genotipo, mentre è la raffinazione della farina a determinare le differenze.

Ne riparliamo magari in seguito. E avuta la farina o la semola con il suo grado di fibre, proteine, amidi, etc.?

Una volta avuti farina o semola (o mescole) con date caratteristiche, si deve impastare. E l’impasto è uno zibaldone molto complesso. I rapporti tra acqua, sfarinato, sale e agente lievitante e altri eventuali cofattori possono influenzare molto la struttura stessa dell’impasto, prima ancora che inizi il processo di lievitazione. E ciascuno di questi componenti può variare come tipologia, oltre che come quantità. E dalla struttura dell’impasto dipende la lievitazione stessa.

Ma cosa sono questi cofattori di cui parli?

Additivi che influenzano caratteristiche ben precise dell’impasto o l’attività dell’agente lievitante. Uno per tutti, la vitamina C che influenza sia il glutine, sia l’attività degli agenti lievitanti. D’altro canto, gli agenti lievitanti sono (quasi) sempre esseri viventi. E qualora si tratti di composti chimici, oltre ad essere a tutti gli effetti dei cofattori, sono influenzati da qualunque cosa stia nell’impasto.

Non perdete la quarta puntata de: "La scienza del pane" che verrà pubblicata sempre qui, su "Cibo al microscopio"!
E poi, al CNMP 2018, non perdete la giornata dell'8 aprile, perché si parlerà delle "tre P": pane, pizza e pasta. E ci sarà anche un intervento degli autori de: "La pizza al microscopio". A presto, ci vediamo a Roma!

Food Science Writer


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