sabato 14 dicembre 2019

PIANTE IN VIAGGIO

Foto di Walter Caputo
Non voglio cominciare questo pezzo dicendovi che le piante sono fondamentali per la nostra esistenza e per il nostro percorso evolutivo, perché dovreste già saperlo. Voglio invece parlarvi di un libro da cui estrarre alcuni punti principali che vi consentiranno di capire - letteralmente - un mucchio di cose. Si tratta di "Piante in viaggio", scritto da Telmo Pievani ed Andrea Vico, illustrato da Nicolò Mingolini e pubblicato da Editoriale Scienza in una collana ad hoc in collaborazione con l'Orto botanico di Padova, che è il più antico orto universitario del mondo e - appunto - nel 2022 compirà la bellezza di 800 anni di vita. Una collana di 8 libri è uno dei modi scelti dall'Università di Padova per festeggiare il suo lunghissimo compleanno.

Innanzitutto il libro in oggetto ha un filo conduttore e una motivazione. Il filo conduttore è un mercato straordinariamente ricco di frutta e verdura, che si chiama "Mercato Grande": ciò serve a farci capire che esistono molte più specie vegetali di quelle che conosciamo e sono tutte importanti. La "motivazione" è invece rappresentata da una "cena planetaria": in buona sostanza è ciò che spinge i protagonisti del libro a fare un viaggio tra le piante... in viaggio! Cito testualmente: "Ogni famiglia cucina un piatto tipico del suo Paese di origine e i tuoi compagni lo presentano, lo raccontano prima di farlo assaggiare a tutti". Questo è molto bello, è un modo per unire le persone, infatti non c'è dubbio che il cibo sia una potente colla sociale: "Un piatto è come una persona che non conosci: a guardarlo ti sembra così strano che non lo assaggeresti mai.... ma se vai oltre le apparenze forse scopri che ti piace". 

Come detto in precedenza, ci sono alcuni punti centrali di "Piante in viaggio", che vanno evidenziati a beneficio di tutti. Si tratta di: biodiversità; selezione; evoluzione; commercio. Cominciamo con la biodiversità, citando direttamente gli autori: "La diversità riflette la ricchezza genetica di una specie, che è un'assicurazione sul futuro, perché se arriva un parassita e colpisce una certa varietà, un'altra varietà saprà invece resistere". Peraltro, l'Italia è un paese straordinariamente ricco di biodiversità, grazie ai molti climi diversi delle sue zone e grazie alla posizione centrale sul Mediterraneo (tutto il commercio transitava per il Mediterraneo). Naturalmente, in merito alla biodiversità, occorre trovare un punto di equilibrio - che rappresenta necessariamente un compromesso - fra l'estremo della globalizzazione spinta e quello dell'orto di sussistenza per ciascun individuo. Non è possibile che ciascuno abbia un orto proprio, lo coltivi e ne raccolga i frutti, ma non è neanche pensabile che ci si debba nutrire esclusivamente di cibo lontanissimo dalla zona di residenza, acquistato solo in un ipermercato.

Non meno importante è la selezione. L'uomo - da sempre - ha selezionato le piante che riteneva migliori, si è impegnato a coltivare nel suo Paese piante che provenivano dai più remoti angoli della Terra e ha sempre cercato - dove necessario - di eliminare le sostanze tossiche dalle piante per mangiarle. Se oggi lo fa con un maggior livello tecnologico rispetto al passato, non dovremmo quindi stupirci, né aggregarci a gruppi di persone che ritengono "contro natura" l'opera dell'uomo sulle piante.

A tal proposito, passiamo all'altro punto centrale del libro: l'evoluzione. Gli autori ci spiegano - ad esempio - come e perché siamo diventati agricoltori: il cambiamento del clima, infatti, non ci ha consentito di continuare a fare i cacciatori - raccoglitori ed oggi stiamo pagando il prezzo di un nuovo cambiamento climatico, in attesa di avere il coraggio di cambiare ed adattarci all'ambiente. In particolare, considerando esseri umani e piante, bisognerebbe parlare di coevoluzione, infatti - come scrivono gli autori - "noi abbiamo trasformato le piante e le piante hanno trasformato noi". Dovrebbe esser chiaro a questo punto, che l'evoluzione delle piante ha portato con sé anche l'evoluzione del nostro cervello e del nostro intestino, insieme con la cottura dei cibi, di conseguenza non ha alcun senso seguire crudisti o paleodietologi ("indietro non si torna!" scrivono a tal proposito gli autori). Inoltre, studiare la storia del cibo serve proprio per capire come siamo arrivati ad oggi: in buona sostanza tutto ciò che noi definiamo "tradizionale" non lo è, in quanto è giunto da un altrove, soprattutto tramite il commercio. Di conseguenza possiamo tranquillamente affermare che non c'è nulla di tradizionale da proteggere contro qualche minaccia esterna. Noi abbiamo un mix e ce l'abbiamo perché il mix ha vinto la corsa evolutiva. 

Aggiungiamo una cosa sul commercio. I commercianti, giunti in Italia dai loro Paesi di origine, portano da noi la loro frutta e verdura per cercare - nonostante tutto - di sentirsi a casa.  E sono loro che, in realtà, compongono la parte più interessante del Mercato Grande. E quindi anche questo è un elemento importante di un libro denso, ma equilibrato nei contenuti, dialogico nella struttura e storico nell'approccio. Non manca niente, c'è infatti anche la pizza (in cui qui potete approfondire gli aspetti storici e scientifici) e il caffè, la merce più importante al mondo dopo il petrolio. 

A questo punto, dopo avervi dato una buona idea per farvi un regalo di Natale (e, perché no, ad utilizzare il libro a scuola o in biblioteca con l'annesso laboratorio, magari per sviluppare le competenze trasversali), mi dirigo verso una delle mie scaffalature e riprendo "Spore" di Maria Lodovica Gullino, il cui sottotitolo: "Tulipani con la febbre, caffè arrugginito, mele marce, arance tristi, basilico impazzito. Malattie delle piante che hanno cambiato il mondo e la mia vita" vi fa capire che è proprio la prossima lettura da affrontare. 

Walter Caputo
Co-fondatore di Cibo al microscopio

venerdì 13 dicembre 2019

LA TRANSUMANZA DIVENTA PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE DELL'UMANITA'

Fonte: pixabay


Forse qualcuno ricorderà di averla studiata sui libri di scuola quando si parlava dell'antica usanza di spostare le greggi dall'Abruzzo verso il tavoliere.
La transumanza è la migrazione (accompagnata) del bestiame dalla pianura agli alpeggi e viceversa.
Talvolta avviene nella stessa regione e in zone limitrofe all'allevamento, talvolta riguarda l'attraversamento di almeno due regioni.
Durante questi spostamenti vengono percorse le vie naturali dei tratturi: un largo sentiero erbose originatosi dal passaggio del bestiame.

L'allevamento intensivo ha quasi fatto morire questa pratica, che ancora resiste e, secondo l'Unesco, necessita di essere protetta. 

Ecco perché è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell'umanità.

Il patrimonio di conoscenze dei pastori su: allevamento sotenibile, clima, sentieri è inestimabile e insostituibile.

Questa pratica permette agli animali di cibarsi di foraggio fresco dalla primavera all'autunno e ciò ha conseguenze sulle caratteristiche organolettica del latte e dei suoi derivati, nonché sulla salute delle greggi e degli armenti.

Oggi è possibile partecipare alla transumanza come spettatori in feste locali, che la celebrano, come la Festa della transumanza e della patata di montagna, che si svolge a inizio ottobre ad Usseglio in provincia di Torino.

Questa festa celebra i 100 giorni di lavoro in alta quota dei pastori per produrre la Toma di Lanzo d'Alpeggio, formaggio tipico piemontese.

Luigina Pugno

mercoledì 28 agosto 2019

LA FISICA IN CUCINA

Foto di Walter Caputo
Nella vita quotidiana di ciascuno di noi la Fisica serve ad un sacco di cose. Serve a fare meno fatica (ad esempio sfruttando le leve), ci consente di scegliere gli strumenti giusti per lavorare (anche in cucina), ci è indispensabile per fare calcoli veloci e pratici, precisi solo quanto ci occorre: come diceva Enrico Fermi "non fare mai nulla con precisione maggiore dello stretto necessario" (1).

"La scienza e la cucina vivono di curiosità, di esperimenti, di scoperte, di ricerca. Ogni scienziato cerca di arricchire il patrimonio della conoscenza con fatti ed idee nuove. Analogamente, anche il cuoco più legato alla tradizione sperimenta spesso piccole modifiche a tradizionali procedure, provando nuovi attrezzi in cucina e persino inventando nuove ricette. E' quindi possibile utilizzare un approccio scientifico anche in cucina, seguendo le indicazioni del metodo scientifico, per esempio realizzando una ricetta" scrivono Ugo Amaldi e Maria Bonzagni nel libro: "La Fisica in cucina", pubblicato da Zanichelli. E le loro parole costituiscono la miglior sintesi per descrivere l'indubbia utilità di un manuale di Fisica che - in un certo senso - abbia origine in cucina.

Infatti la cucina, di per sé, è già un laboratorio scientifico attrezzato: ci sono gli strumenti di misura (bilance, termometri da forno, da carne, ad infrarossi); gli attrezzi di lavoro (forbici, pinze per il ghiaccio, schiacciapatate, tagliauovo, sac a poche, pentole a pressione e chi più ne ha, più ne metta); le misure da rilevare e i calcoli da effettuare (ad esempio saper aumentare o ridurre proporzionalmente le dosi di una ricetta a seconda delle necessità).

Oggi la fisica in cucina, per qualunque operatore professionale (innanzitutto i ristoratori), ma anche per chi semplicemente cucina a casa per la propria famiglia, è indispensabile: si otterranno sicuramente migliori risultati con un minor sforzo. Ma – dal libro citato – si evince un altro aspetto, che va oltre l’utilità pratica: apprendere le basi della Fisica nel modo più semplice e più familiare possibile; con ciò intendo dire che per studiare le leve (ad esempio) è più facile pensare a forbici, schiacciapatate, spaccanoci e simili perché li possediamo e li usiamo. Stesso discorso vale per l’elettricità: possiamo pensare non solo agli strumenti elettrici in cucina, ma anche alla normalissima pellicola per alimenti, che si “attacca” proprio perché è elettricamente carica.

Consideriamo ora la matematica che serve per la Fisica: devo ammettere che gli autori hanno fatto un lavoro notevole per non dare nulla per scontato, al fine di consentire a tutti di imparare il minimo indispensabile. In particolare, tutti i calcoli, i grafici, le formule sono ben spiegati e – soprattutto queste ultime – sempre ben agganciate al contesto della cucina in cui si opera e a colori ben utilizzati ed immagini che colpiscono per la loro immediatezza.

Insomma, non credo che abbiate mai studiato Fisica su un manuale del genere. E’ quindi ora di cominciare, perché tutti i vostri pregiudizi sulla materia cadranno, uno dopo l’altro.

La Fisica in cucina
Ugo Amaldi, Maria Bonzagni
Zanichelli Editore, 2014

Walter Caputo

(1) David N. Schwartz - “Enrico Fermi – L’ultimo uomo che sapeva tutto” - Solferino libri Editore

giovedì 18 aprile 2019

COM'E' FATTO IL BURRO?


Il Festival del Giornalismo Alimentare (edizione 2019) ha visto la partecipazione di Inalpi, azienda leader in Italia nella produzione di burro. La ditta si trova a Moretta (Cuneo) in Piemonte, dove c'è anche l'unica Scuola di Caseificazione del territorio italiano. Matteo Torchio di Inalpi ci ha spiegato come viene prodotto il burro, le diverse tipologie che esistono, e come riconoscere quello di qualità.

Come deve essere composto il burro per essere considerato tale?

Secondo la legge la percentuale di grasso minimo presente nel burro deve essere dell'82%.

Come viene prodotto il burro?

Il burro viene ricavato dalla panna per centrifugazione. Innanzitutto la panna viene pastorizzata ad una temperatura iniziale di 72-75 °C e poi portata a 90°C per 15 secondi. Successivamente, per purificarla, la temperatura viene abbassata, così si formano dei piccoli grumi che vengono successivamente mantecati.

Quali sono le tipologie di burro maggiormente commercializzate?

I tipi di burro più diffusi in commercio sono:
- il burro da panna fresca di centrifuga;
- il burro da affioramento;
- il burro prodotto da siero.

Il burro da panna fresca di centrifuga viene prodotto come sopra descritto; il burro da affioramento si produce invece lasciando il latte crudo riposare a 12-16°C - la panna si separa e affiora - mentre il burro prodotto da siero è il burro a cui è stata tolta la parte grassa rimasta dalle altre lavorazioni (sull'etichetta viene indicato come burro derivato dal latte).

Esistono altre tipologie di burro?

Sì ne esistono almeno altre quattro.

Il burro anidro o chiarificato che contiene lo 0,2% di acqua e il 99,8% di grasso, è un burro che non contiene lattosio ed è perfetto per le cotture, perché ha un punto di fumo molto molto alto - intorno ai 150 gradi - e viene usato in pasticceria per produrre frolle e sfoglie. Quando è sciolto sembra olio.
Il burro tecnico - utilizzato in pasticceria - durante la burrificazione viene prodotto con temperature sotto zero.
Il burro lattico è quel burro a cui vengono aggiunti fermenti, in modo che sia più facilmente spalmabile.
E infine il burro d'alpeggio, che può essere considerato tale solo se l'animale pascola al di sopra dei 650 metri s.l.m. ed è all'aperto per almeno 6 mesi.

Cosa determina il gusto del burro?

Il gusto è dato dalla tipologia di lavorazione, dai batteri presenti nel latte, e da quanti giorni sono trascorsi dalla mungitura. Più il gusto è forte e più giorni sono passati dalla mungitura.

Quale burro è preferibile usare per le fritture? 

E' preferibile usare un burro con punto di fumo elevato, in questo modo non brucia e non si produce acrilammide, dannosa per la salute. Il normale burro che compriamo al supermercato ha un punto di fumo di 90°C, il burro anidro 150°C, mentre il burro di palma arriva a 200°C.

Luigina Pugno
coautrice del libro: "La pizza al microscopio"
cofondatrice del blog: "Cibo al microscopio"
redattrice di "Gravità Zero"

venerdì 5 aprile 2019

AGRICOLTURA SOSTENIBILE GRAZIE ALLE FORMICHE

Foto Pixabay 
Il più antico caso di lotta biologica riportato in letteratura risale a 1700 anni fa. Nel documento cinese del 304 d.C. si spiega come utilizzare le formiche tessitrici per difendere gli alberi da frutto.

Quando si mettono a punto pratiche agricole è importante controllare gli infestanti, ma anche limitare i danni all'uomo e all'ambiente.


Una via è il controllo biologico conservativo, che salvaguarda gli equilibri naturali e aumenta l'efficacia dei predatori già presenti negli agroecosistemi.
Ricordiamo tutti l'arrivo della cinice asiatica nel 2012 soprattutto perché da noi non ha antagonisti naturali. In una ricerca condotta con Lara Maistrello dell'università di Modena-Reggio Emilia è emerso che la formica Crematogaster scutellaris attacca con successo gli stati giovanili della cimice, diventando un importante strumento per limitarne la diffusione.

In agricoltura le formiche sono state combattute a causa della loro "collaborazione" con cocciniglie e afidi. In realtà sono solo alcune specie quelle che si alleano con queste infestanti, mentre ne esistono molte altre utili per l'agricoltura.

Ma quali sono i benefici?

I benefici in sintesi sono:

- rimaneggiamento e areazione del suolo
- arricchimento del suolo di materia organica
- alterazione dell'acidità del terreno favorendo la crescita di alcune piante piuttosto che di altre
- funzionano come bioindicatori delle alterazioni ambientali e della qualità dell'ambiente
- smaltiscono i rifiuti
- ricostruiscono gli ambienti degradati



Questo e molto altro viene descritto nel libro Il formicaio intelligente di Donato A Grasso, edito da Zanichelli, un libro alla portata di tutti, dove si trovano informazioni già note, ma altre del tutto inedite come l'utilità delle formiche per la medicina e l'agricoltura.

A proposito. Lo sapevate che le formiche fanno parte della stessa famiglia delle api? No? Allora dovete assolutamente leggere questo libro.


domenica 31 marzo 2019

LIBRI IN PIAZZA A CIRIE' IL 13 APRILE: CI SARA' ANCHE "LA PIZZA AL MICROSCOPIO"

Sabato 13 aprile 2019 - dalle 10 alle 18 - a Cirié ci sarà "Libri in Piazza" (Piazza San Giovanni e cortile parrocchiale), un'importante manifestazione il cui scopo è raccogliere fondi per le associazioni senza scopo di lucro, tramite la vendita di libri usati per tutti i gusti (saggistica, romanzi, poesie, letteratura per bambini e per ragazzi, divulgazione scientifica, gialli, noir, thriller...).

I fondi raccolti il 13 aprile verranno devoluti all'Associazione E.C.O., che - in questo modo - potrà continuare a tenere basse le tariffe degli psicoterapeuti, offrendo numerosi servizi low-cost a tutti gli associati.

E' questo il motivo per cui siete tutti invitati a Cirié , per trascorrere una bella giornata tra libri e intrattenimenti vari. A tal proposito, il 13 aprile alle 11:00 circa ci saranno anche gli autori del libro: "La pizza al microscopio". Non si tratta solo di una presentazione, in quanto Walter Caputo e Luigina Pugno eseguiranno esperimenti scientifici in diretta, per la gioia dei piccoli e dei grandi. Il titolo è: "Senza lievito non si gonfia". Dalle 15 alle 17 ci sarà il laboratorio di giocoleria a cura di Atlas Circus. E alle 17 si terrà la premiazione del concorso letterario: "Non c'era una volta". In  caso di maltempo l'evento di svolgerà sotto i portici di Palazzo D'Oria.

Walter Caputo
Food Science Writer

lunedì 4 marzo 2019

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E BUONA CUCINA DENTRO UN SUPERMERCATO

Secondo voi quanta innovazione si può introdurre in un supermercato? Se pensiamo ad un supermercato ci viene in mente un luogo in cui si va a fare la spesa e stop, ovvero un settore in cui non c'è più nulla da inventare. Nulla di più sbagliato: andate al Superstore Coop in Via Botticelli 85 a Torino e ne vedrete delle belle.

Prendiamo in considerazione il bar all’interno del supermercato. Potete ordinare e pagare in modo elettronico tramite uno schermo touch. Si chiama “Zero Attesa” e potete usare lo stesso sistema in un totem dedicato a gastronomia, salumi e formaggi. Basta indicare prodotto, qualità e quantità e in pochi click l'ordine è fatto. Tramite il dispositivo “Salva Tempo” saprete quando recarvi al reparto per ritirare la vostra ordinazione . Con lo stesso dispositivo - riservato ai tesserati Coop - potete anche scansionare i vostri prodotti e pagare in cassa automatica.
Ricciola

Ma non è finita qui. Tutte le etichette con i prezzi sono elettroniche, salvo quelli che si trovano nel reparto pescheria, dove però la tecnologia agisce di notte, facendo cadere dall'alto il ghiaccio: così risulta semplificato il lavoro mattutino degli addetti. Se non trovate un prodotto, non c'è problema: degli appositi totem vi forniranno la localizzazione esatta di ciò che cercate all'interno del supermercato. Infatti le etichette elettroniche hanno pure il geolocalizzatore.

Un'altra cosa che mi ha colpito e a cui non aveva ancora pensato nessuno è il servizio “Info Food”. Alla Coop trovate delle dietiste con laurea triennale che potranno supportarvi nelle scelte alimentari. A partire dalla spesa vi impediranno di mettere nel carrello prodotti che non sono coerenti con un'alimentazione corretta. Non vi forniranno la dieta classica con quantità di proteine zuccheri e via dicendo, ma vi daranno indicazioni su come migliorare la vostra alimentazione e di conseguenza anche la vostra salute, ed è tutto gratis. Voglio rimarcare a tal proposito un aspetto molto importante: non stiamo parlando di biologi o di nutrizionisti, ma di dietisti specializzati che vi forniranno indicazioni basate su fonti scientifiche, al fine di ridurre la tendenza delle persone a ricorrere alle cure fai da te o a quelle sentite dal cugino. 

Vorrei concludere questo articolo con un aspetto che potrebbe sembrare meno innovativo di quanto si possa pensare. Si tratta della buona cucina, di quella di qualità che tutti cercano nei ristoranti. Ecco, la trovate al Fiorfood della Coop. Grazie al press-tour organizzato dal Festival del Giornalismo Alimentare ho potuto constatare di persona la qualità delle preparazioni alimentari. In ciascuna area un responsabile ci ha spiegato ciò che aveva realizzato. Alcuni piatti hanno decisamente eccitato il mio palato: la ricciola del nostro Mar Mediterraneo, il vitello tonnato assolutamente delizioso, il prosciutto cotto Fiorfiore leggerissimo e tutti i formaggi (tome, pecorini e provole).

La menzione speciale però la dedico al reparto panetteria e pasticceria. Mi sono piaciuti moltissimo i trucioli livornesi fatti di pasta di pane con olio e sale, per il loro inedito equilibrio fra croccantezza e morbidezza. Il pane integrale, con quella punta di acidità dovuta al lievito madre, non era da meno. E poi c’era la pizza: alta come quella della panetteria, ma con un gusto e una morbidezza che si distingue nettamente dalla media di ciò che si trova sul mercato. Infine, i pasticcini alla frutta: una degna conclusione. La qualità che ho riscontrato deriva anche dal controllo: tutte le preparazioni, salvo cose molto specifiche (ad es. cibo per celiaci) sono fatte nella Coop e non acquistate dall'esterno.

Walter Caputo & Luigina Pugno
Food Science Writers

domenica 24 febbraio 2019

VISITA ALL'IMPIANTO STORICO SMAT DI ACQUA SORGIVA DI SANGANO

Innanzitutto impostate bene il vostro navigatore: regione Moresco 3, Villarbasse. Solo così potrete giungere senza indugi all'impianto storico di acqua sorgiva di Sangano. Si tratta infatti di una forma di turismo, che la Smat sta portando avanti da un po' di tempo. D'altronde la gente si chiede: ma da dove viene l'acqua che bevo? In che modo viene controllata e sanificata? Come e perché storicamente sono nati gli impianti di gestione dell'acqua?

Grazie al press tour organizzato dal Festival del Giornalismo Alimentare ho potuto usufruire delle spiegazioni dell'ing. Alessandro Rupini, che ha condotto il nostro gruppo attraverso le "vie dell'acqua", a 11 metri di profondità sotto il piano stradale.

 È stato innanzitutto un viaggio storico, perché l'idea dell'infrastruttura che abbiamo visitato è nata agli inizi del 1800, quando Torino contava circa 150000 abitanti. Le condizioni delle falde acquifere stavano peggiorando e l'acqua veniva attinta tramite pozzi che si trovavano nei cortili delle case del centro. Non si utilizzavano trattamenti sanitari, così le acque insalubri diventavano veicolo di malattie. Nel 1832 uno dei sei progetti presentati dall'ing. Ignazio Michela venne scelto per la realizzazione dell'opera che si sarebbe estesa su 101 ettari sul territorio di tre Comuni: Trana,  Villarbasse e Sangano.

Nel 1847 venne costituita la società anonima per la condotta delle acque potabili: uno dei soci fondatori fu Camillo Benso Conte di Cavour. Nel 1859 venne inaugurata l'infrastruttura, ma il conte non c'era, aveva questioni belliche prioritarie a cui badare.

Scendiamo sotto e subito veniamo colpiti dalle strade tortuose attraverso cui viene fatta passare l'acqua. Perché le condotte non sono dritte ? Ci viene detto che il labirinto serve per migliorare la qualità dell'acqua, che in questo modo viene rallentata e i sedimenti vengono distribuiti uniformemente sul fondo. Peraltro non si sente nemmeno l'odore dell'ipoclorito: ciò indica una miscelazione ottimale. Un altro aspetto sorprendente è la perfetta intonacatura delle pareti delle gallerie: ciò che è davvero notevole è che si tratta di intonaco originale del 1853-59, fatto con cemento Portland, assolutamente resistente all'acqua ed incredibilmente liscio.

Terminata la visita risaliamo in superficie e facciamo un bel brindisi salutistico: acqua dal touret buona e fresca in bicchiere Smat biodegradabile.

Walter Caputo e Luigina Pugno
Divulgatori scientifici

N.B.: Le foto sono state scattate da Luigina Pugno

lunedì 11 febbraio 2019

FESTIVAL DEL GIORNALISMO ALIMENTARE: 4° EDIZIONE A TORINO 21-23 FEBBRAIO 2019

Contribuire a migliorare la qualità dell’informazione che ruota attorno al cibo, per rispondere ad un preciso diritto dei cittadini: essere davvero liberi di scegliere cosa mangiare e come mangiare. Questo è l’obiettivo del Festival del Giornalismo Alimentare, che giunge quest’anno alla sua 4° edizione.

Il Festival, in programma a Torino il 21, 22 e 23 febbraio presso “Torino Incontra”, Centro Congressi della Camera di commercio di Torino (Via Nino Costa 8), conferma il capoluogo piemontese come capitale italiana del dibattito culturale sul cibo.

Nei tre giorni di evento si alterneranno seminari, tavole rotonde, laboratori pratici, incontri b2b, educational ed eventi off. Saranno chiamati a dare il proprio contributo esperti provenienti dal mondo del giornalismo, rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, aziende, foodblogger, influencer, professionisti della sicurezza alimentare, chef, rappresentanti di associazioni e uffici stampa. Filo conduttore dei dibattiti sarà stimolare il confronto e la riflessione tra i vari protagonisti della comunicazione alimentare a fronte anche di un pubblico di consumatori sempre più attento, partecipe e preparato.

E' difficile riassumere la ricchezza degli argomenti e temi che verranno trattati. Ecco alcune parole chiave: microplastiche, fake news, reati alimentari, corretta alimentazione, digital food e deontologia del giornalista. Si tratta di questioni molto importanti, che determinano le scelte di consumo in misura maggiore di quanto si possa pensare. Inoltre, se state pensando che sono solo conferenze, dovete ricredervi, perché ci sono anche i laboratori pratici. Potrete apprendere l'analisi sensoriale del latte, la ricerca di parassiti nei pesci, la lavorazione del burro e molto altro.

Completano il Festival gli eventi off, i press tour e le occasioni B2B, in cui i professionisti della comunicazione incontrano le aziende.

Walter Caputo
Divulgatore scientifico

mercoledì 16 gennaio 2019

BRESSANINI E MAUTINO: IL BUON SENSO NELLA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

In questi mesi si parla molto di divulgazione scientifica: serve? se sì, come va fatta? Il dibattito, come succede spesso su temi importanti nell'epoca dei social, si è polarizzato: sembra si possa essere solo più contro una certa tesi oppure a favore. Pare si sia perso il buon senso.

Colgo quindi l'occasione - avendo recentemente letto "Contro Natura" di Dario Bressanini e Beatrice Mautino per estrarre dal loro testo alcune indicazioni - di buon senso - sulla divulgazione scientifica. L'argomento è il cibo, ma i suggerimenti seguenti - secondo me - valgono per qualunque divulgatore.

1) Completezza delle informazioni

Gli autori citati puntano a trattare un certo tema senza trascurare alcun aspetto. Non considerano solo la scienza del cibo, ma anche il comportamento dei consumatori, delle aziende, del legislatore. Analizzano anche questioni economiche, di marketing e di percezione dei rischi.

2) Nessuno è infallibile, nemmeno la scienza

Non è corretto dividere il mondo in due schieramenti: da una parte gli scienziati infallibili e dall'altra la massa ignorante. Innanzitutto anche gli scienziati sbagliano, ad esempio - come riportano gli autori - i ricercatori non possono considerare conclusivo un esperimento fatto su un campione di soli 34 soggetti. Tra gli scienziati e i cittadini ci sono i media, e anche loro sbagliano - ma sbagliano più facilmente se la fonte (la ricerca scientifica in questione) è già di per sé discutibile. Quando si tratta di temi scientifici inerenti il cibo, la gran parte dei consumatori si trova spesso spiazzata: c'è la pubblicità (facile da capire), ci sono le fake news (facili da diffondere), ci sono gli aspetti scientifici (spesso complessi), c'è la fiducia talvolta tradita (ad esempio il caso di Seveso per la chimica) e poi non c'è il tempo per approfondire, studiare e capire.

3) Attenzione alla comunicazione e al modo in cui le persone si fanno un'opinione su un certo argomento

Sembra logico pensare che le persone  si facciano un'opinione a partire dai fatti. E molti non si stancano di ribadire che solo i fatti contano. In realtà non è proprio così. Bressanini e Mautino sono andati a spulciare alcuni risultati che consentono di affermare che altri fattori pesano più dei fatti. Si tratta delle esperienze vissute, dei valori e della cornice nella quale una nuova biotecnologia viene presentata.

4) Distinguere la propria opinione da tutto il resto

Nel libro "Contro Natura" gli autori dicono anche la loro, a prescindere da tutto il resto, ma fanno bene attenzione a distinguere ciò che loro pensano rispetto ai contributi ottenuti da varie altre fonti. Così riescono a soddisfare il lettore che talvolta - giustamente - soprattutto su temi controversi vuol sapere cosa ne pensa - in parole povere - l'autore. Ma riescono anche a non confondere il lettore, lasciando che si concentri sul filo conduttore dell'argomento.

5) Per raggiungere effettivamente qualunque lettore occorre raccontare senza formule

Intendo dire: né formule matematiche, né chimiche né di altro tipo. Il mondo oggi è estremamente complesso: ciascuno fa un lavoro e cerca di star dietro alle innovazioni, agli aggiornamenti e alle novità che riguardano il proprio mestiere. Se non se ne occupa, se l'ultima volta che ha visto una formula è alle scuole superiori, come può capire un testo più o meno complesso? E - soprattutto - perché mai dovrebbe farlo? In "Contro Natura" ci sono molte storie, ben raccontate, e chiunque può leggerle, seguirle ed arrivare effettivamente a leggere tutto il libro, magari pure in breve tempo. Questo è il primo livello della divulgazione, quello che serve per dare un'idea di un certo fenomeno. Poi, se il lettore è interessato, potrà proseguire con un testo divulgativo di secondo livello, in cui è già presente una certa dose di complessità della materia. Se la motivazione è molto forte, il lettore passerà ad un manuale universitario. Ma dobbiamo tornare con i piedi per terra: la divulgazione è soltanto un ponte che serve per raggiungere una conoscenza più specialistica e approfondita. Senza ponte, molti non riuscirebbero a raggiungere la riva delle scienze "dure" (in tutti i sensi).

6) Meglio un reportage che un "saggio scritto in poltrona"

Andare a vedere con i propri occhi, andare a parlare con le persone che conoscono l'argomento consente di capire meglio il tema di cui si vuole trattare. Bressanini e Mautino riconoscono che questa modalità ha dato al loro libro un buon valore aggiunto. E dicono anche che alcune cose le hanno comprese in maniera più approfondita perché hanno intrapreso un "viaggio", sia di nome che di fatto.

7) Non trascurare gli aspetti storici nella divulgazione della scienza

E' noto che studiare il passato serve per comprendere il presente, a maggior ragione quando si tratta di cibo. Con una certa frequenza riteniamo che un certo cibo sia nostro, della nostra tradizione e del nostro territorio. Se diamo un'occhiata al passato scopriamo invece che spesso non è così, che quell'alimento proviene da molto lontano e - soprattutto - è cambiato molto nel tempo. In questo modo i nostri orizzonti di lettori si ampliano, sia nello spazio che nel tempo. E poi, non dimentichiamocelo, una storia che comincia con: "C'era una volta..." è spesso una bella storia.

Walter Caputo
Divulgatore scientifico