Ho incontrato Erica al CNMP 2018 e le ho posto alcune domande. D'altronde il tema è di interesse generale, esistono test inattendibili ma venduti a caro prezzo e le persone - che spesso confondono allergie e intolleranze - hanno bisogno di un'informazione che sia fornita dalla scienza. Ecco quindi un lavoro fatto da una biologa specializzata in Scienze dell'Alimentazione, leggendo il quale potremo scoprire che alcune intolleranze (non tutte!) che riteniamo esistenti, in realtà non lo sono e certi test non hanno alcuna base scientifica, né fondamenti in termini di sperimentazioni in grado di validare determinate procedure.
Come si diventa allergici a qualche alimento?
Innanzitutto esiste una componente genetica, nel senso che se una certa allergia è presente in famiglia, si ha una maggiore probabilità di svilupparla. Ma intendiamoci bene, maggiore probabilità non significa certezza.
Si può diventare allergici anche in assenza di una componente genetica. Ciò può capitare (ma non necessariamente capita) quando il nostro sistema immunitario reagisce in modo abnorme nel momento in cui viene a contatto con una certa sostanza. A quel punto il sistema immunitario è sensibilizzato, quindi la reazione allergica si ripeterà ogni volta che il soggetto entrerà in contatto con quella sostanza. L'allergia in questione può assumere diverse forme di gravità: da semplici disturbi intestinali o eczemi fino allo shock anafilattico.
Se un soggetto sospetta di essere allergico a qualche sostanza contenuta in qualche alimento cosa deve fare?
Deve innanzitutto accertarsene. E il modo migliore per farlo è eseguire il Prick test. Il medico mette una goccia dell'estratto allergenico da testare sulla cute del paziente e poi pizzica la cute con una lancetta sterile. Dopo circa 20 minuti si verifica la reazione, che normalmente è visibile tramite un ponfo, cioè un rigonfiamento della zona interessata. Il Prick test è sensibile, specifico, facile da eseguire, costa poco e fornisce risultati immediati.
Erica Repaci al CNMP2018 |
Il termine "raffinato" ha assunto una connotazione negativa mentre "spremuto a freddo" suona bene alle orecchie delle persone. Ho letto, sul suo libro, una cosa molto interessante, inerente l'olio di arachidi. Può spiegare meglio?
Sì, certo. Si tratta di una situazione in cui occorre far chiarezza: "raffinato" significa semplicemente che il prodotto ha subito una fase di lavorazione. Nella maggior parte degli oli di arachidi non vi sono allergeni, in quanto le proteine vengono rimosse tramite la raffinazione. Al contrario, l'olio di arachidi spremuto a freddo - ritenuto naturale e quindi buono - può in realtà causare allergia, in quanto gli allergeni non sono stati tolti.
Cosa può dirci sulle pseudointolleranze alimentari?
Ad esempio, il soggetto afferma di essere allergico ad un intero alimento, ma ciò non è possibile. Non è nemmeno possibile essere allergici ad un'intera categoria di alimenti. Queste errate convinzioni derivano da test scientificamente inattendibili, che non sono in grado di rilevare il singolo componente o la molecola. E ricordiamo che un soggetto allergico non tollera un singolo componente presente nell'alimento (non l'intero alimento).
Grazie per l'intervista!
Walter Caputo
Divulgatore scientifico
Al CNMP 2018 ha presentato due relazioni ("Quando i numeri non raccontano la realtà" e "La pizza al microscopio" con Luigina Pugno).
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