Il cibo e i suoi derivati stanno diventando la principale occupazione dell’essere umano. D’altro canto, secondo alcuni importanti neuroscienziati, se siamo arrivati ad un tale livello di evoluzione intellettuale, partendo da un cervello di semplice scimmia, lo dobbiamo proprio al cibo. Il grosso della nostra evoluzione umana è data dal fatto che ad un certo punto l'Homo ha scoperto che con il fuoco si potevano cucinare i cibi e grazie alla creazione di utensili ha potuto cacciare e tagliare la carne.
Ciò che ci distingue dalle altre specie è che usiamo strumenti per cacciare e cuciniamo il cibo. Il cibo è il “tormentone” degli italiani, che lo producono, lo vendono, lo trasformano, ne parlano in tv e sui social. Tante sono le figure professionali e sanitarie che girano intorno al cibo: ristoratori, food blogger, nutrizionisti, personal trainer e psicologi. Questi ultimi sono impegnati a curarci dagli effetti negativi che il cibo ha sulla nostra mente.
La preoccupazione per il cibo è come un moderno virus, che può colpire chiunque, e quando se ne viene colpiti si può sviluppare l'ortoressia. La parola deriva dal greco ὀρθός (orthós), corretto, e ὄρεξις (órexis), appetito, ed è un comportamento caratterizzato da:
a. ossessione per il cibo sano (privo o con pochi grassi, additivi ecc);
b. focalizzazione non sulla quantità ma sulla qualità;
c. evitamento ossessivo di cibi non controllati;
d. evitamento delle situazioni sociali che espongono al non controllo del cibo;
e. convinzione fideistica delle proprie scelte e intolleranza nei confronti di altre scelte alimentari.
Nel DSM-V viene inserita tra i disturbi alimentari ed è caratterizzata da un pensiero rigido, fisso e ossessivo verso tutti i processi che portano il cibo in tavola e che potrebbero comprometterne la salubrità. Mangiare in modo sano fa bene, ma farlo in modo ossessivo compromette la salute mentale. Quando la preoccupazione diventa eccessiva le conseguenze possono essere:
- forte aumento della spesa per alimenti percepiti di qualità;
- danni alla salute derivati da squilibri nutrizionali;
- difficoltà nelle relazioni sociali.
L’ortoressia all'inizio non appare come un vero e proprio disturbo, ma come una specie di regime alimentare selettivo, quasi come una dieta un po’ troppo salutista, attenta alla composizione dei cibi. In una recente ricerca è stato dimostrato che i fattori che maggiormente influiscono sulla nascita di un disturbo ortoressico sono: la tendenza comportamentale al perfezionismo, la presenza di disturbi alimentari in famiglia, relazioni familiari trascuranti, l'influenza sociale.
Questa patologia è una recente novità. Come ci ricorda Antonio Cerasa in "Diversamente sano - Liberi di essere folli", edito da Hoepli, la patologia mentale è in aumento, perché la società è sempre più complessa. Cerasa cerca di tener conto della complessità affrontando alcune patologie da diversi punti di vista: psicologico, neuroscientifico e sociale, camminando sulla sottile linea di confine tra la sanità e la patologia, in cerca di una terza “area” dove ci si può sentire diversamente sani.
Dott.ssa Luigina Pugno
Psicoterapeuta
lunedì 5 novembre 2018
GLI ZUCCHERI SPOGLIATI DI MITI, LEGGENDE E FAKE NEWS
Quante persone entrano in un bar e scelgono di bere un caffè con zucchero di canna? Credo che siano molte, ma credo anche che non sappiano perché evitano lo zucchero bianco, ovvero il comune saccarosio. Probabilmente alcuni rifiutano lo zucchero bianco perché è raffinato e sono convinti che faccia male. Sicuramente tali persone non hanno conoscenze chimiche adeguate e hanno deciso di informarsi sullo zucchero da chi non è chimico o da chi ha interesse a vendere determinati prodotti o da chi mette in circolazione fake news su una certa categoria di prodotti, per avvantaggiare i prodotti "concorrenti" o alternativi. C'è poi anche chi si perde in mille commenti e sottocommenti di facebook, scritti da soggetti che non hanno alcun titolo inerente la materia e anche da qualcuno che il titolo ce l'ha, e magari anche le competenze e l'esperienza, ma viene attaccato ai polpacci da tutti gli altri, che sono tanti, agguerriti e spesso maleducati.
Quelli sopra elencati sono i motivi per i quali il Prof. Pellegrino Conte, Ordinario di Chimica Agraria presso l'Università degli Studi di Palermo, ha scritto: "Frammenti di Chimica - Come smascherare falsi miti e leggende". Il libro in questione è stato pubblicato da C1V Edizioni, nella collana "Scientia et Causa" a cura di Armando De Vincentiis. E non tratta solo di zuccheri, ma anche di acqua, omeopatia e matite copiative nei seggi elettorali.
Torniamo quindi allo zucchero, anzi no, agli zuccheri, perché ce ne sono un sacco. Dobbiamo poi fare attenzione al linguaggio che usiamo, in quanto va sempre contestualizzato: i chimici fra di loro si intendono, mentre gli altri usano i termini chimici in maniera approssimativa, se non del tutto errata. Prendiamo ad esempio il termine "raffinazione": significa purificazione, procedura necessaria affinché il saccarosio estratto dalle barbabietole da zucchero possa essere ingerito. L'obiettivo della raffinazione è il miglioramento delle caratteristiche organolettiche del prodotto finale. "Gli unici composti chimici che vengono usati durante le fasi di estrazione/purificazione sono acqua calda, idrossido di calcio e anidride carbonica. Nessuno di questi composti è tossico" scrive il Prof. Pellegrino Conte. Di conseguenza la raffinazione non rappresenta un pericolo per la salute.
D'altro canto la presunta salubrità dello zucchero di canna è legata ai nutrienti contenuti nella melassa. Tuttavia tali nutrienti sono presenti in quantità minime, di conseguenza se volessimo raggiungere le dosi giornaliere medie dovremmo assumere circa 20 bustine di zucchero di canna al giorno. "Quanti di noi prendono venti caffè al giorno dolcificato con zucchero di canna? Nessuno, a meno che non vogliamo, scientemente, avere problemi cardiaci" scrive a tal proposito Pellegrino Conte. E per ottenere questi risultati, basta un po' di matematica elementare, ma - si sa - talvolta basta nominare la matematica per farsi il vuoto intorno.
Naturalmente nel libro in oggetto troverete tante altre informazioni e spiegazioni sugli zuccheri, tutte adeguatamente documentate da fonti scientifiche attendibili. L'analisi dell'autore è talmente precisa che arriva anche ad evidenziare le cautele da adottare nei confronti di fonti scientifiche che presentano limiti metodologici o che trattano di scoperte che ancora non sono state verificate da altri scienziati. Quindi, nella lettura, vi viene chiesta anche un po' di pazienza e un po' di fatica, che sono normali richieste quando si vuole apprendere. In alternativa c'è sempre l'università di Google o quella di Facebook, che però non vi portano da nessuna parte.
Walter Caputo
Divulgatore Scientifico:
- dal 2008 per Gravità Zero
- dal 2016 per Cibo al microscopio
Quelli sopra elencati sono i motivi per i quali il Prof. Pellegrino Conte, Ordinario di Chimica Agraria presso l'Università degli Studi di Palermo, ha scritto: "Frammenti di Chimica - Come smascherare falsi miti e leggende". Il libro in questione è stato pubblicato da C1V Edizioni, nella collana "Scientia et Causa" a cura di Armando De Vincentiis. E non tratta solo di zuccheri, ma anche di acqua, omeopatia e matite copiative nei seggi elettorali.
Torniamo quindi allo zucchero, anzi no, agli zuccheri, perché ce ne sono un sacco. Dobbiamo poi fare attenzione al linguaggio che usiamo, in quanto va sempre contestualizzato: i chimici fra di loro si intendono, mentre gli altri usano i termini chimici in maniera approssimativa, se non del tutto errata. Prendiamo ad esempio il termine "raffinazione": significa purificazione, procedura necessaria affinché il saccarosio estratto dalle barbabietole da zucchero possa essere ingerito. L'obiettivo della raffinazione è il miglioramento delle caratteristiche organolettiche del prodotto finale. "Gli unici composti chimici che vengono usati durante le fasi di estrazione/purificazione sono acqua calda, idrossido di calcio e anidride carbonica. Nessuno di questi composti è tossico" scrive il Prof. Pellegrino Conte. Di conseguenza la raffinazione non rappresenta un pericolo per la salute.
D'altro canto la presunta salubrità dello zucchero di canna è legata ai nutrienti contenuti nella melassa. Tuttavia tali nutrienti sono presenti in quantità minime, di conseguenza se volessimo raggiungere le dosi giornaliere medie dovremmo assumere circa 20 bustine di zucchero di canna al giorno. "Quanti di noi prendono venti caffè al giorno dolcificato con zucchero di canna? Nessuno, a meno che non vogliamo, scientemente, avere problemi cardiaci" scrive a tal proposito Pellegrino Conte. E per ottenere questi risultati, basta un po' di matematica elementare, ma - si sa - talvolta basta nominare la matematica per farsi il vuoto intorno.
Naturalmente nel libro in oggetto troverete tante altre informazioni e spiegazioni sugli zuccheri, tutte adeguatamente documentate da fonti scientifiche attendibili. L'analisi dell'autore è talmente precisa che arriva anche ad evidenziare le cautele da adottare nei confronti di fonti scientifiche che presentano limiti metodologici o che trattano di scoperte che ancora non sono state verificate da altri scienziati. Quindi, nella lettura, vi viene chiesta anche un po' di pazienza e un po' di fatica, che sono normali richieste quando si vuole apprendere. In alternativa c'è sempre l'università di Google o quella di Facebook, che però non vi portano da nessuna parte.
Walter Caputo
Divulgatore Scientifico:
- dal 2008 per Gravità Zero
- dal 2016 per Cibo al microscopio
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