mercoledì 28 settembre 2016

L'OLIO DI PALMA NEL LATTE IN POLVERE PER NEONATI

Dario Bressanini durante la conferenza "Olio di palma:
facciamo chiarezza"
Il latte materno contiene l'acido palmitico. L'acido palmitico è l'acido prevalente che caratterizza l'olio di palma. Evidentemente, se è contenuto nel latte materno, un motivo ci sarà. D'altronde tutti sanno che il latte materno ha certe caratteristiche (desiderabili) e che esistono situazioni in cui - per vari motivi - esso non è disponibile. Viene quindi sostituito dal latte in polvere, che contiene olio di palma, in quanto quest'ultimo è una fonte economica di acido palmitico. Questa è la spiegazione di Dario Bressanini, che ho ascoltato durante la conferenza "Olio di palma: facciamo chiarezza".

E' indiscutibile che ci sia bisogno di chiarezza: il titolo provocatorio di questo articolo tende proprio a far saltare dalla sedia il lettore. Ma quale lettore? Forse quello che legge solo i titoli, quello che non va oltre la superficie dell'informazione, quello che potrebbe smettere di acquistare latte in polvere per suo figlio, in quanto oggi - sollecitato dalla pubblicità - cerca solo alimenti senza olio di palma. Ed è ancora questo lettore ad influenzare le strategie di marketing delle aziende del settore food.

Ma Dario Bressanini, insieme agli altri quattro relatori ha voluto mandare un chiaro messaggio: dobbiamo approfondire, leggere fonti attendibili, capire, valutare e poi prendere le nostre decisioni.

Innanzitutto, gli oli - in una certa misura - sono sostituibili. Non esiste la molecola dell'olio di palma (e nemmeno quella dell'olio d'oliva!). Inoltre gli oli e i grassi sono molto simili: chiamiamo oli quelli liquidi e grassi quelli solidi a temperatura ambiente. Ciò che è importante - anche dal punto di vista della nostra salute - è la quantità di acidi grassi saturi, monoinsaturi, polinsaturi. Gli oli, quelli liquidi, tendono a contenere una maggior quantità di acidi grassi insaturi (monoinsaturi e polinsaturi), mentre invece i grassi, quelli solidi, tendono ad avere una maggioranza di acidi grassi saturi.

La Prof.ssa Maria Fiorenza Caboni ha indicato un altro elemento importante, che ha a che fare con la durata dei cibi. I tecnologi alimentari devono cercare di allungare la durata dei cibi, in quanto questi ultimi non giungono - in generale - direttamente al consumatore, ma passano attraverso varie fasi: produzione, distribuzione, stoccaggio.... e quindi l'alimento deve durare. Gli acidi grassi insaturi tendono a reagire con l'ossigeno e ad ossidarsi in maniera maggiore rispetto ai saturi. Ciò accelera l'invecchiamento dell'alimento. Quest'ultimo invece può durare di più se i grassi sono più stabili, se reagiscono meno facilmente con l'ossigeno, ovvero se sono saturi. Se i grassi non sono abbastanza saturi, in quanto hanno una "forma" con molte piegature (lontana quindi dai bastoncini dritti degli acidi grassi saturi, che lo sono appunto perché i bastoncini dritti possono essere facilmente uniti senza che vi resti spazio in mezzo, un po' come succede con i mattoncini di Lego), li si può raddrizzare tramite l'idrogenazione, che abbassa il numero di doppi legami e rende il grasso più saturo. In questo modo si ottiene un punto di fusione più alto e una maggiore resistenza all'ossidazione.

I grassi, quelli solidi, servono quindi nei prodotti da forno perché - conferendo all'alimento una struttura più robusta - rallentano la perdita di aroma, allungano la shelf life e proteggono i lipidi originari dall'irrancidimento.
Ferdinando Giannone durante la conferenza "Olio di palma:
facciamo chiarezza"

Ma, alla fine, che cosa dobbiamo effettivamente tenere sotto controllo per non danneggiare la nostra salute? Acidi grassi saturi e zuccheri. Lo ha detto il Dott. Ferdinando Giannone, specificando che è proprio questo il motivo per cui esiste un obbligo di legge di indicarli sull'etichetta degli alimenti.

Quindi se ci limitiamo a leggere solo gli ingredienti che compongono un alimento e in base a quello decidiamo se consumare o meno quell'alimento, non facciamo una scelta corretta per la nostra salute, a meno che non leggiamo anche il prospetto nutrizionale.

Per ridurre il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari occorre ridurre la quantità di acidi grassi saturi. Fra questi ultimi, i più pericolosi sono l'acido laurico e l'acido miristico. Il limite di assunzione giornaliera per gli acidi grassi saturi è 23 grammi. I grassi saturi non vanno eliminati, basta non esagerare. Di acidi grassi trans, invece, bisogna assumerne il meno possibile, in quanto il nostro corpo non li sa "lavorare", poiché non dispone degli enzimi necessari. Tenendo conto però, che l'acido oleico, prevalente nell'olio d'oliva (osannato da tutti i salutisti), diventa trans se viene riscaldato troppo. Attenzione anche agli acidi grassi idrogenati, in quanto - come anzidetto - sono parenti dei saturi, quindi bisogna tenerne sotto controllo la quantità.

E l'olio di palma? Se consumato nella giusta quantità non ha alcuna controindicazione per le malattie cardiovascolari.

Walter Caputo & Luigina Pugno

giovedì 22 settembre 2016

LA PIZZA AI FESTIVAL DELLA SCIENZA: UN INVITO AI PIZZAIOLI

Carissimi pizzaioli, se avete acquistato e letto il libro "La Pizza al microscopio" (o se intendete farlo) vi propongo questo: voi fate un breve video ed io e Luigina Pugno lo proietteremo niente poco di meno che al Festival della Scienza di Genova il 31 ottobre e al Festival della divulgazione scientifica a Potenza il 4 novembre.

Il video deve essere molto breve e deve pervenire all'indirizzo di posta elettronica ciboalmicroscopio@gmail.com ENTRO IL 15/10/2016 (la scadenza è stata prorogata rispetto al termine originario del 30/9/2016).


"La pizza al microscopio" sarà presente al Festival della
Scienza di Genova
Nel video - oltre al libro "La pizza al microscopio" - dovete esserci voi, dovete dire il vostro nome e cognome, il nome della pizzeria in cui lavorate e la città in cui si trova.

L'oggetto del video deve essere una questione scientifica estratta dal libro stesso: scegliete voi quella che vi piace di più e spiegatela. Nella mail dovete scrivermi che mi autorizzate a proiettare il video nei suddetti festival. Sarà proiettato un mix dei migliori video.

Fate molta attenzione alla durata del video. Ad es. la posta di Google non consente di inviare file oltre 25 mega, quindi di circa 1,5 minuti. Ma ci sono account di posta elettronica più restrittivi. Quindi preparate il video prima, e non superate un minuto.

"La pizza al microscopio" sarà presente al
Festival della divulgazione scientifica a Potenza
L'invito di cui sopra è stato lanciato qualche giorno fa sul gruppo facebook "il forum della pizza". Voglio ora estenderlo a tutti i pizzaioli (non solo a quelli presenti sul forum), prorogando la scadenza al 15/10/2016 per dare la possibilità e il tempo a tutti coloro che intendono partecipare.

Io e Luigina Pugno, con il libro "La pizza al microscopio - Storia, fisica e chimica di uno dei piatti più amati e diffusi al mondo" saremo a Genova lunedì 31/10/2016 alle 18 presso il Cavo Ristorante, Vico Falamonica 9R e a Potenza, presso l'Università degli studi della Basilicata, venerdì 4 novembre alle 19.

Il nostro obiettivo è testimoniare il valore della professione dei pizzaioli. Perché chi sta vicino al forno tutte le sere a sfornare una pizza dietro l'altra a ritmi talvolta insostenibili, secondo noi non è adeguatamente valorizzato. Soprattutto quando il pizzaiolo studia (ebbene sì, magari non tutti lo sanno, ma i pizzaioli studiano) per innovare continuamente il proprio prodotto, a partire dall'impasto, per poi passare alla farcitura, alla cottura e alla presentazione. A tal fine le nostre presentazioni ai festival comprenderanno sia la sperimentazione scientifica che le modalità per apprendere i fondamenti della scienza attraverso la pizza.

Walter Caputo

mercoledì 14 settembre 2016

LA PIZZA AL MICROSCOPIO RECENSITA DA SALE & PEPE

Sul numero di agosto 2016 del mensile "Sale & Pepe" è stata pubblicata una recensione al libro "La Pizza al microscopio - Storia, fisica e chimica di uno dei piatti più amati e diffusi al mondo", scritto da Walter Caputo e Luigina Pugno e pubblicato da Gribaudo. La recensione (ripresa nella foto sotto) è l'ultima (che abbiamo trovato) di una lunga serie, inaugurata il 24 giugno 2016, ovvero il giorno dopo l'uscita del libro.

Sale & Pepe - agosto 2016 - pag. 29

Per tutti coloro che sono interessati al libro, anche dal punto di vista giornalistico o comunque professionale, abbiamo riunito in un link l'intera rassegna stampa aggiornata.

Per soddisfare le richieste delle persone che vogliono capire di più il cibo, soprattutto dal punto di vista scientifico, abbiamo predisposto un apposito blog, che si chiama "Cibo al microscopio", sul quale - recentemente - abbiamo inaugurato una sezione di video scientifici sul cibo.

Buona lettura a tutti!!! :)

Walter Caputo e Luigina Pugno




mercoledì 7 settembre 2016

LA PIZZA AL MICROSCOPIO RECENSITA DAL GAMBERO ROSSO

Sul numero di settembre 2016 del mensile "Gambero Rosso" è stata pubblicata una recensione al libro "La Pizza al microscopio - Storia, fisica e chimica di uno dei piatti più amati e diffusi al mondo", scritto da Walter Caputo e Luigina Pugno e pubblicato da Gribaudo.

La recensione (ripresa nella foto a lato) si aggiunge a molti altri giudizi positivi che sono stati pubblicati dai media a partire dal 24 giugno 2016.

In questo link viene riportata la rassegna stampa aggiornata. Invitiamo tutti i lettori a segnalarci alla mail ciboalmicroscopio@gmail.com le recensioni che ci sono eventualmente sfuggite. Grazie a tutti e buona lettura!

Walter Caputo e Luigina Pugno





giovedì 1 settembre 2016

QUANDO LA PIZZA NON E' DEGNA DI CHIAMARSI PIZZA

Pizza marinara ERRATA
Tendiamo a pensare che all'estero la pizza non la sappiano fare come si deve. Quando ci capita di dover assaggiare una pizza immangiabile ci lamentiamo, lo comunichiamo alla pizzeria, ma poi giustifichiamo i ristoranti perché non sono italiani. Se spieghiamo il fatto ad amici e conoscenti ci viene detto che “se vai all'estero non devi cercare specialità italiane, ma – anzi – devi gustare i piatti locali”. A quel punto, come si usa dire, ce ne facciamo una ragione, anche se ci resta l'amaro in bocca (in tutti i sensi), perché alla fine se una cosa si chiama pizza, deve essere fatta in un certo modo, altrimenti – per cortesia – non chiamatela pizza.

Ma se il fatto sopra esemplificato capita in Italia, allora è tutta un'altra cosa. Francamente, in Italia, una pizza immangiabile non dovrebbe poter essere servita. Il mestiere di pizzaiolo non può essere improvvisato. Qualche errore può essere ammesso, tutti sbagliamo, talvolta semplicemente per mancanza di esperienza. Ma una “pizza immangiabile” può definirsi come “pizza completamente errata”. E allora non va bene. Ecco il vero motivo per cui un albo dei pizzaioli professionisti è necessario: per distinguere chi sa fare la pizza, perché chi non la sa fare, può benissimo dedicarsi ad altro. Chi non sa fare la pizza, oltretutto, danneggia la categoria dei pizzaioli, rovina la reputazione di coloro che studiano, sperimentano, si impegnano nella realizzazione di un prodotto sempre migliore. Ed accettano le critiche, come spinte a migliorarsi ulteriormente.

Pizza con il salamino ERRATA

Ma veniamo al caso che – recentemente – ci è capitato, appunto, in Italia. Ci vengono servite – come da nostra richiesta - tre pizze: una marinara, una con il salamino non piccante e una vegetariana bianca. Solo guardandole (osservate anche voi le immagini), si può facilmente affermare che non si tratta di pizze. Sembra che nel forno non ci siano ancora entrate, in realtà – alla vista e al tatto – appaiono “biscottate”, ovvero talmente secche che si rompono come un vaso di terracotta. Non c'è il cornicione, ma solo rigonfiamenti bianchi e discontinui. Non si vede una sola macchia di bruciato. Provo a toccare con le dita il bordo e lo trovo talmente pieno di farina, che me ne resta parecchia sulle dita. E' segno che ne è stata usata troppa per manipolare l'impasto. Ma per valutare una pizza, non basta guardarla e toccarla, occorre mangiarla.

E così scopriamo che:
- la base della pizza è effettivamente biscottata: il bordo si frantuma, mentre l'interno è troppo sottile e duro e non si riesce a tagliare col coltello, si fa prima a spaccarla;
- nella marinara non c'è l'aglio, nemmeno in polvere;
- su una pizza il salamino non è quello piccolo che si taglia al momento, ma è quello già tagliato a fette grandi nelle confezioni del supermercato. Oltretutto dalle fette di salame non era nemmeno stata tolta la pelle;
- sulla vegetariana non c'è mozzarella, ma pasta filata, che rimane rigida come la crosta di un formaggio;
- sempre sulla vegetariana i peperoni, le zucchine e le melanzane hanno un sapore troppo acidulo, come se fossero stati estratti da poco da una confezione sott'aceto, non a caso non sembrano cotti nel forno.

Pizza vegetariana ERRATA

In questi casi è doveroso avvisare la cameriera, il pizzaiolo e il titolare del locale. E così abbiamo fatto. La cameriera ha detto che non capiva niente, perché lei non fa le pizze e può soltanto riferire al titolare. E il pizzaiolo? Ha detto che con il tempo a disposizione, i mezzi e – aggiungo io – le conoscenze, non poteva fare di meglio. Ha sostanzialmente confermato le nostre valutazioni, salvo il fatto che solo una parte delle verdure non era stata cotta in forno. Ha utilizzato un forno elettrico, già acceso dalle 18:00 (per la sera), con una temperatura di 300 °C per circa 5 minuti. L'aglio? Se lo è dimenticato. La pasta filata? Mi ha fatto vedere la confezione (molto grande) ed era proprio pasta filata. La mozzarella è un'altra cosa. Mentre parlava con me usava il mattarello – invece delle mani - per stendere l’impasto. Sulla questione ha detto che “mi danno questo impasto secco, trattabile solo con mattarello”. Insomma, pare che il pizzaiolo non abbia neanche preparato l’impasto. Si è evidentemente limitato ad assemblare – male – ingredienti preconfezionati.

Infine il titolare ha detto che “qui la pizza non si fa come a Napoli”. Inoltre “nessuno si è mai lamentato, né stranieri, né italiani”. Eppure la pizza è nata a Napoli, e come si fa a Napoli dovrebbe essere fatta – per lo meno – in tutta Italia. Gli stranieri devono conoscere la vera pizza italiana, non una cosa indegna di tale nome. Gli italiani devono saper distinguere quella che è una pizza, da ciò che è tutt'altra cosa. Alla fine, la pizza è una cosa seria e il mestiere di pizzaiolo non si improvvisa. Chi vuol fare cose diverse, le faccia pure. Ma – per cortesia – non chiamatela pizza.

Walter Caputo e Luigina Pugno
Autori del libro "La pizza al microscopio - Storia, fisica e chimica di uno dei piatti più amati e diffusi al mondo" - Gribaudo Editore, 2016