giovedì 6 ottobre 2016

UNA BUONA PIZZA: LIEVITAZIONE, MATURAZIONE, INNOVAZIONE E RICERCA

Panetti da 3 etti, lievito di birra e lievitazione lunga, prodotti freschi e tanta cura e passione nel lavoro.

Tenete conto che il Reg. UE n. 97/2010 per la Pizza Napoletana S.T.G. (Specialità Tradizionale Garantita) prevede panetti da 180 a 250 grammi. Ma ci sono pizzerie che usano panetti così leggeri che la pizza vien fuori necessariamente striminzita, come un fiore avvizzito. Con 300 grammi di panetto si fa invece una pizza bella corposa.
Il libro "La pizza al microscopio" è giunto nella pizzeria
"La favola mia" di Vittorio Astorino
Anche il disciplinare prevede il lievito di birra; peraltro chi produce molte pizze sa che si tratta di un meccanismo molto più efficiente e controllabile rispetto alla pasta madre. Bisogna anche considerare non solo la lievitazione, ma anche la maturazione, ovvero quell'insieme di processi enzimatici che riescono a suddividere gradualmente le strutture più complesse, come proteine e amidi in elementi più semplici. Questi ultimi sono zuccheri che possono essere facilmente fermentati dai lieviti. Man mano che operano i suddetti processi enzimatici, la struttura dell'impasto diventa più debole e quindi più facilmente digeribile. Ecco perché per ottenere una buona pizza occorre rispettare i tempi di lievitazione e maturazione.

Qui la pizza è intesa come fosse un piatto di alta cucina, per il quale è necessaria innovazione e ricerca.


Pizzera "La favola mia", a Torino
Sebbene la pizza sia nata come cibo per i poveri, in grado di saziare molto spendendo poco, poi si è diffusa in tutte le classi sociali, anche in quelle più agiate. Se la cucina ha già da tempo spiccato il salto verso l'alta cucina, alla pizza non era ancora successo, o meglio, sta succedendo proprio ora. Non a caso – fra gli addetti ai lavori – si sente, sempre più spesso, nominare il termine “pizza gourmet”. Al di là di pizze più o meno sofisticate e d'èlite (anche nel prezzo), il concetto fondamentale è un altro: occorre per forza evolvere e cambiare (magari nel solco della tradizione), non ci sono alternative. L'innovazione e la ricerca sono indispensabili (e più diffuse nel sud Italia): trovare a Torino qualcuno che lavora in questa direzione è sicuramente una gradita sorpresa.

Eppure è solo una pizzeria da asporto e non si trova neanche a Napoli. “La favola mia” è a Torino, in Via S. Ambrogio 3B. E i prezzi sono popolari.

Siamo abituati ad immaginare la tipica pizzeria da asporto come un posto molto piccolo, dove non ci si può neanche fermare. In generale la pizza venduta è al trancio (da forno elettrico) ed è di qualità piuttosto inferiore rispetto a quella della pizzeria-ristorante. Il trancio viene servito velocemente (talvolta è già lì sulla teglia che vi aspetta) e costa poco. Il modello della pizzeria “La favola mia” è decisamente diverso: per un modico prezzo viene servita velocemente una pizza intera (anche il metro di pizza per tre persone se volete) cotta in forno a legna. Lo standard qualitativo è quello di chi è molto attento al processo di produzione e cura i dettagli. Inoltre c'è comunque uno spazio idoneo a consumare la pizza all'interno del locale.
Vittorio Astorino, mentre prepara il
metro di pizza

Dietro il bancone troverete Vittorio Astorino, pizzaiolo campione pluridecorato. Vi basterà dare un'occhiata alle pareti per perdervi fra riconoscimenti, premi e ritagli di giornale.
A Torino non è facile trovare una pizza con il cornicione alto, punteggiato da quelle macchioline scure, che decretano la vittoria definitiva del forno a legna su qualunque altro tipo di forno.


Certo, dobbiamo rilevare che la Pizza Napoletana Verace non si caratterizza solo per il cornicione alto: questo è solo l'aspetto maggiormente visibile. Esistono una serie di fasi che vanno rispettate, dal dosaggio iniziale degli ingredienti dell'impasto fino alla cottura finale. Questo insieme di prescrizioni, unite a capacità, esperienza e passione porta ad un buon risultato. Perché alla fine, se vogliamo ridurre all'elemento più importante, dobbiamo necessariamente affermare che la gente che va a spender soldi per mangiar fuori vuole una sola cosa: mangiare bene. Punto.
In ogni caso il cornicione, oltre che dalle caratteristiche intrinseche dell'impasto, dipende anche dall'abilità del pizzaiolo, che deve stendere l'impasto spostando le bolle di gas verso la periferia del disco, senza però farle uscire. Altrimenti annullerebbe l'effetto della lievitazione. Quanto sarà alto il cornicione? Ciò dipende essenzialmente da come il pizzaiolo distribuirà la pressione che applicherà al panetto nella fase di laminazione (il cui output finale è il disco da guarnire). E poi non confondiamo le innocue macchioline scure sul cornicione con il pericolo derivante da una pizza carbonizzata: si tratta di due cose ben diverse. Per non dire di chi teme quelle macchioline e poi – mentre aspetta la pizza – va fuori a fumarsi una bella sigaretta.
Mozzarella, basilico, pomodoro fresco e
olio extravergine d'oliva

Ho mangiato una pizza molto semplice: solo mozzarella, basilico, pomodoro fresco e olio extravergine d'oliva. Eppure non c'era bisogno d'altro. I gusti, seppure ben amalgamati, erano distinguibili uno dall'altro. Ma da Vittorio trovate anche pizze speciali, come “Invenzione”, ovvero fior di latte, filetto di tonno di Carloforte marinato, pistacchi di Bronte, sesamo tostato, crema di piselli acidificata allo champagne e tartufo bianco d'Alba. Si tratta di una pizza elaborata con Gualtiero Marchesi. Cosa devo dire? Alla faccia della pizzeria d'asporto!

Nota per il lettore: è possibile leggere anche solo la parte in corsivo. Ma se volete approfondire, ci sono gli intermezzi che vi aiutano a capire.

Walter Caputo

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