martedì 13 dicembre 2016

IL PIZZAIOLO GOURMET SARA' UNA BOLLA? LA SOLUZIONE ARRIVA DALLA SCIENZA

Cessate il fuoco, ci verrebbe da affermare. E, non a caso, Andrea Cuomo - giornalista enogastronomico - ha scritto un breve libretto: "Cessate il cuoco - Una ricetta per sopravvivere alla bolla dell'alta gastronomia (che presto scoppierà)". E' uscito l'8 dicembre, come allegato a "Il Giornale", in una collana emblematicamente denominata "Fuori dal coro".

Andrea Cuomo, innanzitutto, descrive in modo nudo e crudo gli chef come "nuovi eroi di questo mondo confuso" è vero, ma anche in realtà dipendenti dalle stelle (Michelin). E già qui ci viene da pensare: i pizzaioli dipendono dagli spicchi del Gambero Rosso?

Consideriamo a questo punto un fatto: se vogliamo l'alta cucina dobbiamo anche accettare alti costi, sia pluriennali (collegati agli investimenti necessari per aprire l'attività), che d'esercizio (ad es. materie prime e personale d'eccellenza). E quindi i prezzi di una cena nei pochi ristoranti tristellati italiani possono raggiungere anche 300 euro (vini esclusi). Ciò significa che i grandi chef lavorano in realtà per poche persone (che si possono permettere conti astronomici) e spesso i conti dei loro ristoranti sono in rosso. Per farli quadrare puntano soprattutto a fare pubblicità di vari prodotti: questo è quanto afferma Cuomo. mentre noi siamo abituati a pensare che i grandi chef siano già di per sé molto ricchi e - grazie alla pubblicità - lo diventino ancora di più. In questo modo, in ogni caso, li vediamo sempre sulla ribalta, ma è anche vero che loro non possiedono un luogo di visibilità garantita (come gli attori): talvolta il loro ristorante non ha neanche 40 coperti e pochi conoscono dove sia localizzato.

Il pizzaiolo gourmet può essere assimilato ad un grande chef? Forse, nel suo piccolo, sì, in quanto - come lo chef - dedica molto tempo, energia e denaro a fare innovazione e ricerca. E i risultati che ottiene - agendo su impasti, lievitazione, farcitura, presentazione, abbinamento con bevande -si diffonderanno in futuro anche sulle nostre tavole casalinghe. Basti pensare che già oggi l'innovazione è entrata persino nelle pizze surgelate.

D'altronde, se si tratta di una pizza "speciale" consumata in pizzeria, non dovremmo scandalizzarci se costa dai 10 ai 20 euro perché - per i costi - vale lo stesso discorso fatto prima per l'alta cucina. E' chiaro che sono molti di più quelli che possono spendere 20 euro per una pizza gourmet rispetto a coloro che hanno nel portafogli 300 euro pronti per una cena d'alta cucina.

Ma la parte più interessante del libro di Andrea Cuomo è soprattutto quella riguardante la critica enogastronomica, perché se uno chef o un pizzaiolo diventa famoso è anche grazie a coloro che hanno scritto su di lui.....
Il giornalismo enogastronomico è molto giovane, ha solo 20 anni circa, ed è sempre sospeso tra cronaca e critica, senza una seria base di formazione specifica per coloro che intendono esercitare questo mestiere (salvo il settore del vino). Il risultato è che manca un linguaggio specifico o comunque dei criteri oggettivi di valutazione e così tutti i censori - competenti e incompetenti - vengono comunque promossi. Inoltre Cuomo ci ricorda che "il racconto enogastronomico è sempre stato condizionato dal trattare una materia emozionale, e quindi si è sviluppato costruendo una narrativa enfatica, eccessiva, iper-aggettivata, procedente per immagini e iperboli". Insomma, non è facile neutralizzare le emozioni, né è facile separare i fatti dalle opinioni, ma sono cose che vanno fatte, come va arricchito il vocabolario del giornalista enogastronomico.


Nel libro di Cuomo - senz'altro da leggere - troverete molte altre indicazioni, ad esempio sulla situazione economica dei recensori e sulla loro indipendenza di giudizio. Ciò che però qui voglio aggiungere è una possibile strada per giungere alla soluzione del problema esposto. Intendo riferirmi all'approccio scientifico, ovvero a quello che guida questo blog, Gravità Zero (che di recente ha ricevuto una conferma della sua attendibilità) ed anche il libro "La pizza al microscopio", per rimanere sul tema dell'articolo.

Se ci pensate, la scienza offre ai giornalisti enogastronomici il rigore, delle regole chiare, alcune competenze sviluppabili tramite la consultazione di fonti attendibili (riguardanti soprattutto chimica e biologia), un linguaggio specifico, la neutralizzazione delle emozioni e la separazione dei fatti dalle opinioni. E così non scriveremo più naturale, né organico, ma semplicemente composto a base di carbonio; non parleremo più di grano antico - che non si sa cosa sia - ma, magari, più semplicemente di farro monococco....

Walter Caputo




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