Le intolleranze alimentari non coinvolgono il sistema immunitario. Le allergie alimentari causano reazioni avverse entro mezz'ora dall'ingestione e possono portare ad anafilassi.
Intolleranza ad un alimento ed allergia ad un alimento sono quindi due situazioni molto diverse.
Esistono test per le allergie alimentari ed esistono test per le intolleranze alimentari. I primi li fa un allergologo, i secondi si possono trovare anche in farmacia. Quando, in seguito all'ingestione di un dato alimento, si hanno delle reazioni fisiche sgradevoli non si può dire che si è intolleranti a quell'alimento, senza che ci sia un approfondimento medico.
Esiste l'intolleranza al lievito?
Afferma la dottoressa Donatella Macchia, Responsabile del Servizio per la diagnosi e il follow-up di allergie e intolleranze alimentari dell'Ospedale S. Giovanni di Dio di Firenze, sul sito della Fondazione Veronesi:
"Non è corretto parlare di ‘intolleranza’ al lievito che viene utilizzato nella panificazione. Queste intolleranze, infatti, sono generate da difetti digestivi enzimatici (come nel caso del lattosio) o da additivi (ad esempio i solfiti), o da sostanze naturalmente presenti negli alimenti quali l’istamina contenuta nelle fragole, tonno, cioccolato, o da condizioni in cui è coinvolto il sistema immunitario, come nel caso della malattia celiaca in cui si ha la produzione di anticorpi e cellule “offensive” scatenate dal riconoscimento del glutine.
Quando i sintomi dell'intolleranza alimentare si manifestano dopo l'assunzione di alimenti lievitati, ciò è solitamente dovuto a lievitazione inadeguata."
Fonte: La pizza al microscopio |
Per lievitazione inadeguata si intende una lievitazione troppo breve, che non permette ai funghi presenti nel lievito di birra, o ai batteri presenti nel lievito madre di concludere il processo di lievitazione; oppure troppo rapida attraverso l'aggiunta di alfa-amilasi e di ‘miglioratori’, la cui fermentazione nell’intestino può dare il via alla formazione di gas, ad una digestione lenta e a sete.
Continua la dr.ssa Macchia: " Se dopo l'ingestione di alimenti lievitati (n.d.a.) i disturbi perdurano nel tempo, possono essere considerati dei campanelli di allarme di un'eventuale malattia intestinale cronica. Solo in casi infrequenti un enzima (alfa amilasi) utilizzato insieme al lievito nella panificazione può dare reazione allergica, che si manifesta con sintomi respiratori, e solitamente tra gli addetti ai lavori, che sono costantemente esposti all'enzima. Di per sé quindi l'intolleranza al lievito non esiste e difatti non esistono test per identificarla.
E quelli attualmente proposti - quali il Dria, il Vega, il citotossico o l’analisi del capello – non sono rivelatori di nulla". Per di più nel Vega test non si entra nemmeno in contatto con la sostanza!
La dr.ssa Macchia consiglia, qualora si avessero reazioni fastidiose, di assumere, cito testualmente:
"cibi a lievitazione naturale, nei quali il processo avviene grazie a microrganismi viventi – i saccaromiceti – che favoriscono una lievitazione più lunga".
Ma allora perché le persone ritengono di avere un'intolleranza al lievito di birra?
Talvolta è frutto di suggestione. Spesso si sente dire che batteri e funghi fanno male alla salute e quindi si pensa che un alimento che li contiene possa dare fastidio all'organismo, e quindi si manifestano disturbi fisici a conferma di quanto si crede. Spesso le persone sono convinte di ciò perché i sintomi si manifestano dopo aver mangiato la pizza, non pensando che magari è più probabile che siano dovuti alle bibite gasate o fermentate (birra, vino) che hanno bevuto; oppure non pensano che il pizzaiolo abbia "sbagliato qualcosa" creando l'impasto.
Se effettivamente ci fosse una reazione al lievito, questa si manifesterebbe anche dopo l'ingestione di tutti i cibi lievitati o fermentati, e non solo dopo aver mangiato la pizza, e sarebbe segno di un'alterazione della flora batterica, che va meglio indagata.
In più queste persone non tengono conto del fatto che il calore uccide i batteri, le tossine, i miceti, i protozoi e le alghe. I microbi che fanno ammalare il nostro corpo trovano il loro ambiente ideale di riproduzione alla temperatura di 37 °C e muoiono a temperature superiori, per questo ci viene la febbre.
A che temperatura muoiono batteri e miceti che si trovano nei prodotti da forno?
Tendenzialmente temperature superiori a 75 °C uccidono i batteri e quant'altro, perché coagulano le proteine cellulari. E' anche vero che per ogni specie, per indurre la morte, occorre una combinazione tempo / temperatura, specifica. Per riprodursi i batteri hanno bisogno di tepore, di almeno 20-30 minuti, umidità elevata, ossigeno (o assenza di ossigeno), in genere un Ph alcalino (o acido come nel caso dei lattobacilli), tutti elementi che troviamo nei prodotti da forno!
Fonte: La pizza al microscopio |
MA ATTENZIONE: come riportato sopra, i batteri cominciano a morire quando la temperatura supera i 37 °C, mentre gli altri microrganismi quando si superano i 75 °C, quindi è mai possibile che i batteri presenti nel lievito madre, o i funghi presenti nel lievito di birra usati per far lievitare un prodotto da forno, che viene cotto di solito a 180° C per almeno mezz'ora possa contenerne di vivi?
Ed è possibile trovarne di vivi nella pizza che, anche se viene cotta solo per circa 90 secondi, lo fa a circa 450 °C?
Ai lettori l'arduo compito di trovare la risposta a questa domanda.
Per una sintesi dell'articolo in inglese clicca qui.
FONTI:
- fondazioneveronesi.it
- Caputo W., Pugno L. - "La pizza al microscopio" - ed. Gribaudo
- Bencivelli S., Ovadia D. - "E' la medicina, bellezza!" - ed. Carocci
- Introduzione ai microrganismi sul sito tecnicidellaprevenzione.com
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