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A sinistra il germe di grano macinato e a destra il germe
in scagliette |
Mercoledì scorso mi sono recata ad una formazione sulle farine organizzata dal
Molino Vigevano, che fa parte del gruppo Lo Conte ed è proprietaria del marchio
Le farine magiche.
Mentre le farine del Molino Vigevano sono dedicate ai professionisti, Le farine magiche sono acquistabili nei supermercati. L'incontro verteva sulla ricerca che la ditta porta avanti sul tema delle farine e sul loro nuovo prodotto, ovvero il
Germe di grano crudo e vitale.
Che cos'è il germe di grano?
La cariosside del frumento è divisa in tre parti: i tegumenti esterni, ovvero la crusca; l'endosperma, che una volta macinato dà la farina bianca e il
germe di grano, che costituisce la riserva energetica della cariosside. Solitamente - nella lavorazione - la crusca, l'endosperma e il germe di grano vengono separati, perché
il germe può rendere acre l'odore della farina e renderla meno conservabile. Nel germe di grano troviamo quindi gli elementi nutritivi che permettono al chicco di diventare pianta; il germe è infatti ricco di amido, fibre, proteine, minerali quali fosforo, potassio, magnesio, e vitamine del gruppo B (
attenzione: non la B12). Comprendiamo così come mai la farina bianca abbia un contenuto inferiore di minerali e vitamine, rispetto alla farina integrale.
Che cos'è il germe di grano crudo e vitale?
Solitamente il germe di grano viene aggiunto alla farina bianca, ma
essendo estratto a caldo viene in un certo senso "ucciso". Con
l'estrazione a freddo invece il germe di grano rimane crudo e vitale ed una volta aggiunto alla farina bianca non le conferisce solo un colorito dorato, ma anche quella componente di elementi nutritivi, che aveva perso durante la raffinazione. Questa lavorazione viene fatta solo dal Molino Vigevano,
che ne ha brevettato il processo. Una volta estratto, il germe si presenta in scagliette, che vengono poi macinate per poter essere miscelate più facilmente.
Dopo la spiegazione si è passati all'
assaggio di focacce e pizze preparati con le diverse e più innovative farine del molino Vigevano: la Moreschina adatta per le pizze bianche, in quanto l'acidità del pomodoro può conferirle un sapore, che può essere percepito come sgradevole; la Vera Napoli con soia, che rende la pizza più croccante e via dicendo.
Durante la degustazione non si è finito di imparare.
Finalmente ho capito come calcolare la giusta temperatura dell'acqua e a cosa serve la lievimaturazione!!!
Personalmente, da pizzaiola casalinga, trovo che l'errore più facile da commettere, o possiamo chiamarlo il passaggio più sottovalutato, ma che può rovinarti ogni sogno di "pizza pappatoria", sia
sbagliare la temperatura dell'acqua. Se l'acqua
è troppo fredda la lievitazione
non parte, perché il lievito non si attiva; se
è troppo calda la lievitazione
non parte, perché il lievito muore.
Ma come si calcola la temperatura ottimale dell'acqua per la pizza?
Innanzitutto dobbiamo sapere che l'impasto finale deve avere una temperatura compresa tra i 22 e i 25 C°. Scelgo la temperatura che voglio che abbia il mio impasto, per esempio 24 °C e la moltiplico per 3. Avrò quindi 24 x 3 = 72.
Successivamente dobbiamo rilevare tre misure:
- la temperatura dell'aria dell'ambiente in cui impastiamo;
- la temperatura della farina;
- il
calore fornito dall'impastatrice (che cambia a seconda delle fruste che usiamo, quindi è meglio controllare il manualetto d'istruzioni [*]), o se impastiamo a mano, il
calore fornito dalle nostre mani.
Sommiamo le tre temperature e le sottraiamo a 72.
Il risultato che otteniamo è la temperatura ottimale per l'acqua.
ESEMPIO: poniamo che sia estate e che la temperatura dell'aria sia di 30 °C, quella della farina sia di 11 °C e quella dell'impastatrice con spirale sia di 9 °C. Avrò 30 + 11 + 9 = 50.
Ora tolgo 50 da 72, quindi 72 - 50 = 22. La temperatura della mia acqua dovrà essere di 22 °C!
Come si procede per fare lievimaturare l'impasto?
Realizzato l'impasto lo si lascia riposare per 30 minuti e poi lo si divide in palline. Quando comincia la
puntatura, ovvero l'impasto comincia ad espandersi, lo si mette a maturare in frigo a 4° C per almeno 24 ore. Una volta tolte dal frigo le si lascia finire la lievitazione.
La durata della maturazione dipende dalla forza della farina: più la farina è debole, meno dura la maturazione. Durante la maturazione gli enzimi scompongono l'amido e la pizza diventa più digeribile.
I bravi pizzaioli, appassionati per il proprio lavoro, si dedicano al processo di lievimaturazione al fine di dare al cliente un prodotto di qualità.
Quindi non valutiamo più una pizzeria come buona perché è molto frequentata, ma dalla cura che il pizzaiolo mette nella lavorazione dell'impasto.
Com'è andata con l'assaggio?
Inutile dire che le pizze erano decisamente buone e soffici, però penso che
se già la pizza può dare dipendenza, la pizza con la farina Moreschina la dà di sicuro!!!
[*] Come riportato da
Piergiorgio Giorilli ed Elena Lipetskaia ne "
Il grande libro del pane" (Gribaudo Editore 2015) il calore fornito dall'impastatrice varia in base al modello dell'impastatrice, al riempimento della vasca e al metodo dell'impasto (diretto o indiretto). In generale, un'impastatrice a forcella fornisce da 3 a 6 °C; una a spirale da 9 a 22 °C; una a bracci tuffanti da 6 a 12°C; l'impastamento manuale fornisce da 1 a 3°C.
Luigina Pugno
Autrice del libro "
La pizza al microscopio"